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Questo articolo è stato scritto il giorno 20 mag 2020 da Redazione, e appartiene alle categorie: Iniziative ed eventi, Medicina Generale e del Territorio, News Sito Web AOU, Prevenzione e promozione della salute, Scienza e medicina, Studi, analisi e ricerche, Tutte le comunicazioni.

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Infarto del miocardio e Coronavirus, lo studio del Policlinico Federico II pubblicato sulla prestigiosa rivista Circulation

articolo scritto da Redazione

infarto miocardio_thumb_720_480L’infarto acuto del miocardio rappresenta una delle principali cause di morte a livello globale; esso è dovuto all’improvvisa occlusione di un’arteria coronaria con conseguente riduzione del flusso di sangue al muscolo cardiaco. La riapertura dell’arteria occlusa attraverso l’angioplastica coronarica con impianto di stent (piccole protesi endovascolari) costituisce un intervento terapeutico salvavita.

La pandemia da SARS-Cov-2 non ha modificato l’incidenza della malattia; tuttavia, è stata registrata un’allarmante riduzione dei pazienti che hanno richiesto cure mediche per infarto acuto del miocardio.

La regione Campania ha contribuito ad analizzare tale fenomeno attraverso uno studio che è stato pubblicato su Circulation, tra le più autorevole riviste cardiologiche al mondo. Il prof. Giovanni Esposito, ordinario di Cardiologia e Direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II e coordinatore dello studio, spiega: “Si susseguono, dall’inizio della pandemia, gli appelli delle più importanti società scientifiche di cardiologia a non sottovalutare i sintomi dell’infarto ed attivare il 118, considerando gli ospedali dei luoghi sicuri e non temendo il contagio; ciò che si sta osservando, tuttavia, è una diminuzione preoccupante del numero di pazienti che richiede soccorso per infarto acuto del miocardio, non per una riduzione effettiva degli stessi, quanto probabilmente per la paura del contagio”.

Gli autori del lavoro hanno raccolto i dati relativi agli interventi di angioplastica coronarica eseguiti nelle quattro settimane dopo il primo caso confermato di infezione da SARS-Cov-2 in Campania (27 Febbraio) e li hanno confrontati con quelli eseguiti nelle 4 settimane antecedenti e con quelli effettuati durante lo stesso periodo nel 2019. Il dott. Raffaele Piccolo, Dirigente Medico e ricercatore in Cardiologia presso l’Università Federico II e primo autore del lavoro, spiega: “Nei 20 centri di Cardiologia interventistica campani che hanno partecipato al lavoro, sono state eseguite circa 1,800 angioplastiche dal 30 gennaio al 26 Marzo 2020. Dall’inizio della pandemia da SARS-Cov-2, abbiamo osservato una riduzione delle procedure di più del 30% rispetto al periodo antecedente e allo stesso arco temporale dello scorso anno. Tale riduzione è stata uniforme attraverso la nostra regione ed è arrivata fino al 50% nelle sole prime due settimane di lockdown”. Le implicazioni cliniche e di sanità pubblica dovute al mancato trattamento dell’infarto nei tempi e con le modalità raccomandate, sono molteplici e comprendono il possibile aumento della mortalità non correlata al COVID-19 e dei casi di scompenso cardiaco. Lo studio ha, inoltre, evidenziato particolari categorie a rischio più elevato di ridotto accesso alle cure. A tal proposito, il Prof. Esposito aggiunge: “Le donne e i soggetti di età superiore ai 55 anni sono i sottogruppi nei quali abbiamo osservato le riduzioni maggiori di interventi di angioplastica per infarto a seguito della diffusione del COVID-19. Questo sottolinea l’importanza di sensibilizzare le categorie più vulnerabili alla richiesta tempestiva delle cure, tenendo conto soprattutto del fatto che la macchina dei soccorsi, organizzata nella Rete IMA non è stata alterata nell’organizzazione anche nei momenti più difficili”.

L’avv. Anna Iervolino, direttore generale dell’AOU Federico II, esprime soddisfazione per il lavoro svolto che dimostra come “la nostra Azienda Universitaria sia in prima linea non solo per il trattamento dei pazienti affetti da COVID-19, ma anche per la ricerca che non è stata rallentata dalle avversità imposte dalla situazione contingente, confermando pertanto le tre mission dell’Azienda: assistenza, didattica e ricerca”.

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