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Questo articolo è stato scritto il giorno 21 mar 2017 da Alessandra Dionisio, e appartiene alle categorie: Iniziative ed eventi, News Sito Web AOU, Scienza e medicina, Studi, analisi e ricerche, Tutte le comunicazioni.

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Fibrosi cistica del bambino e dell’adulto: i centri del Policlinico Federico II, protagonisti a Medicina 33

articolo scritto da Alessandra Dionisio

medicina 33Nelle scorse settimane la nota rubrica dedicata alla salute del Tg2, Medicina 33, ha realizzato due servizi presso  il Centro di Fibrosi Cistica dell’AOU Federico II di Napoli. Il primo, andato in onda lo scorso 18 gennaio, è stato girato presso il Centro di Fibrosi Cistica Pediatrico, guidato da Valeria Raia, responsabile della UOS di Fibrosi Cistica del bambino del DAI di Pediatria dell’Azienda, ed è visibile sul sito del TG2cliccando qui; il secondo, andato in onda lo scorso 7 febbraio, è stato realizzato presso il Centro di Fibrosi Cistica dell’Adulto, guidato da Nicola Ferrara, responsabile del P.I di Geriatria e Fibrosi Cistica dell’Adulto del DAI di Medicina interna e Patologia clinica, ed è visibile cliccando qui.

La fibrosi cistica è la più comune fra le malattie genetiche gravi. È una malattia presente dalla nascita in quanto determinata da un’alterazione genetica. La fibrosi cistica altera le secrezioni di molti organi che, risultando più dense, disidratate e poco fluide, contribuiscono al loro danneggiamento. A subire la maggiore compromissione sono i bronchi e i polmoni. Ad oggi, le cure sono dirette ai sintomi e alla prevenzione delle complicanze. Esistono protocolli terapeutici condivisi a livello internazionale che, presso i centri specializzati, come quelli presenti presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, vengono adattati all’età e ai sintomi del singolo malato. La fibrosi cistica è una malattia complessa; severità e tipo di sintomi possono variare anche molto da persona a persona. Fattori differenti, come l’età alla diagnosi e il tipo di mutazioni del gene CFTR, possono influenzarne l’andamento e l’evoluzione. L’organizzazione delle cure, il miglioramento delle terapie, i progressi della ricerca, fanno sì che oggi ci siano molti adulti con fibrosi cistica che studiano, lavorano, fanno sport, costruiscono una famiglia.

È il caso della giovane atleta Sabrina, giocatrice di pallacanestro, protagonista del servizio dedicato al Centro di Fibrosi Cistica pediatrico. “Per questi ragazzi l’attività sportiva regolare e controllata è importante perché migliora l’attività muscolare, cardiocircolatoria e  le funzionalità respiratorie“, sottolinea Valeria Raia. Così come il sogno di avere una famiglia si è avverato per Giuseppina, che a dodici anni scopre di avere la fibrosi cistica, in un periodo in cui i progressi della scienza non lasciavano ancora spazio alle prospettive attuali. ” Oggi- precisa Vincenzo Carnovale del Centro di Fibrosi Cistica dell’Adulto- seguiamo più di 300 pazienti ed alcuni con più di sessanta anni, nel 1995 i pazienti erano poco più di una decina“. Il futuro della malattia è nelle mani della ricerca scientifica, e in particolare in alcuni farmaci che non agiscono più sui sintomi ma sul difetto genetico, causa della malattia. “Al momento esistono farmaci che agiscono su due classi di mutazione genetiche e abbiamo riscontrato significativi miglioramenti nei pazienti trattati- sottolinea Paola Iacotucci, geriatra del Centro di Fibrosi Cistica dell’Adulto- la nostra speranza è quella di poter utilizzare questi farmaci in tutte le classi di mutazione“.

Entrambi i Centri dedicati alla fibrosi cistica del Policlinico Federico II sono da considerarsi all’avanguardia. Ristrutturati nel Dicembre 2014, grazie alla collaborazione tra l’Azienda federiciana e la Lega Italiana Fibrosi Cistica, i Centri offrono ad operatori e pazienti l’opportunità di condividere un ambiente accogliente che favorisce la chiarezza dei percorsi e migliora la vivibilità della struttura, grazie a spazi più ampi e meglio organizzati, che garantiscono la  personalizzazione della cura ed un ambiente confortevole e “familiare” nel rispetto di una patologia cronica che investe il paziente della necessità di un contatto continuativo con la struttura sanitaria.

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